Questa newsletter ti arriva puntuale alle 8 come ogni sabato mattina, ma questa volta da un luogo diverso, a me molto caro (e forse anche a te): sono a New York e voglio condividere con te ciò che amo di questa città e della sua moda.
Mentre tu dormi, io ho finito di scrivere queste righe dalla mia stanza di Manhattan, con una vista mozzafiato sul polmone verde della città. Mi sento come Carry Bradshaw in Sex and The City, anche se non mi trovo nel West Village e i miei abiti non sono all’altezza dei suoi.
Questa potrebbe non essere la newsletter più impegnata del mio archivio, ma è sicuramente speciale. Sono arrivata solo da un giorno e già mi rattrista l'idea di dover rinunciare anche quest’anno al sogno di trasferirmi nella Grande Mela. Perché? Perché non sono stata selezionata per la Green Card. E vi chiederete: perché ci spero ancora alla mia età (sopra i 30, ndr) e con due figli piccoli? Perché sono Pesci ascendente Vergine: una combinazione perfetta di sogno e ostinazione.
Qui si respira un'aria di libertà, quella di poter provare a fare ed essere tutto, senza limiti. Certo, bisogna accettare di scendere a compromessi economici, affettivi e lavorativi, ma le possibilità sono infinite.
in Italia avete mai provato a cercare una posizione aperta su LinkedIn nel mondo dell’editoria (magazine ecc)? Non esiste. A New York c’è solo l’imbarazzo della scelta
in Italia avete mai dovuto affrontare un colloquio in cui vi trovate nella sgradevole situazione di dover rendere conto della vostre ovaie e della loro attività? In America è VIETATO, così come è vietato chiedere l’età dei candidati. Inoltre, è OBBLIGATORIO specificare già nell’annuncio lo stipendio commisurato al ruolo proposto. In Italia? “Dipende dall’esperienza” e comunque te lo annunciano se superi almeno la scrematura iniziale con l’azienda.
in Italia la moda, o meglio, chi lavora nella moda, è spesso considerato frivolo e superficiale. In America, seguendo l’esempio francese, esibizioni, eventi e musei di moda sono gratuiti per gli addetti ai lavori (inclusi gli studenti, che in Italia pagano entrate con sconti ridicoli, favorendo piuttosto i dipendenti comunali come succede a Palazzo Reale). Vi sembra un dettaglio irrilevante? Mi dispiace dirvi che ANCHE da queste sottigliezze si nota quanto un Paese tenga alla crescita e alla percezione collettiva dei creativi e del loro settore, che in Italia è il SECONDO per fatturato solo dopo quello agroalimentare, superando i 100 miliardi di euro.
Chiariamo subito: io amo l’Italia e la moda italiana. Credo che il forte patriottismo stilistico, unito alla lunga tradizione artigianale, abbia avuto un ruolo rilevante nella scelta del mio percorso, avvicinandomi all’idea di far parte di un sistema invidiato in tutto il mondo e di cui vado molto fiera. Ogni studente che decide di proseguire il suo percorso in un’istituzione educativa di moda abbraccia l’idea di legarsene per sempre, come in un matrimonio. Superando alti e bassi tipici di qualsiasi sodalizio amoroso che si rispetti, ci si impegna a onorare l’altro (in questo caso la moda del nostro Paese) nonostante i suoi punti deboli. Ciò non toglie che sento di avere gli strumenti necessari per comprendere anche le forme diverse che la moda assume al di fuori dell’Italia.
La Moda Americana in 3 parole
La moda americana, che traccia una linea ben distinta tra East e West Coast, è
casual
sportiva
democratica
Nei primi del Novecento, la necessità di produrre in grandi quantità capi comodi e pratici per la vita moderna in rapida evoluzione era fondamentale. La standardizzazione sembrava la scelta più ovvia per offrire vestiti economici, realizzati in serie dalle nuove macchine industriali che l’America aveva messo a punto, confermandosi potenza emergente del ventesimo secolo. La posizione sociale delle donne, non più relegate al focolare domestico come in Europa, richiedeva un abbigliamento versatile adatto alle varie fasi della giornata, senza dover ricorrere al cambio abito, ormai definito obsoleto. Con lo stesso outfit con cui andavano a lavorare, le donne praticavano hobby e uscivano a cena. Non avevano più tempo di copiare e idolatrare i capi sfarzosi della Belle Époque; al contrario, cominciavano ad apprezzare linee più semplici e pulite.
È così che lo stile americano ha continuato a perpetuarsi negli anni come casual e pratico, rimanendo riconoscibile ancora oggi. Gli americani non cercano un elevato contenuto di stile, ma di comodità rilassata e poco pretenziosa. Avete mai notato che i milionari di Manhattan (e non solo) indossano l’uniforme americana per eccellenza: t-shirt-jeans-sneakers? È la scelta di chi rappresenta la propria cultura senza necessità di ostentare o appartenere a un gruppo stilistico, come spesso accade nelle capitali di moda europee. È un lusso discreto, nato ben prima del famoso Quiet Luxury degli ultimi anni.
Prossimi Giretti(ny)
Sono proprio curiosa di passeggiare per le strade di New York per la terza volta in tre anni e captare sfumature possibili solo in una città così cosmopolita e mercuriale. Voglio capire come i locals percepiscono la situazione volubile del momento, dopo lo scoppio di vari conflitti, la pandemia e le tensioni sociali e politiche emerse di recente. Diciamolo, la Grande Mela non se la sta passando bene. Gli stilisti emergenti del territorio scarseggiano da anni, molti brand storici come Mara Hoffman stanno chiudendo i battenti (per solo due giorni non riesco a partecipare alle svendite del brand e sto soffrendo moltisssssimo), e l’attenzione globale per la città è piuttosto limitata rispetto a quella per Milano e Parigi.
New York non può contare sugli stilisti, ma su tutto il resto
Vale a dire che può contare su un sistema immateriale davvero solido:
eventi attesi come il Met Gala
prestigiose scuole e università di moda come FIT e Parsons School
numerose giornaliste e critiche di moda come Vanessa Friedman e Cathy Horyn
musei invidiati in tutto il mondo come il FIT Museum, il Costume Institute all’interno del MET e il Brooklyn Museum
studi antropologici sotto il nome di Fashion Studies
È proprio questa parte così diamantina a rendere New York una delle quattro capitali di moda nel mondo. Ma in questo viaggio, oltre a visitare molti dei luoghi sopracitati, cercherò di perdermi per le strade rumorose e colorate della città. Respirare l’aria del Garment District mi darà qualche risposta in merito alla sua trasformazione da centro nevralgico della moda americana a un deserto manifatturiero di poche speranze. Cercherò anche di comprendere perché l’Europa detta moda, ma poi è l’America a criticarla. Perché giornalisti e studiosi sono così influenti a livello mondiale nonostante la moda nazionale sia relativamente debole? Indagherò anche sul perché la moda della East Coast è tanto diversa da quella della West. E poi, cercherò di mettere a punto L’ITINERARIO PERFETTO PER SCOPRIRE LA MODA NEWYORKESE tra shops, mostre, brand locali ed eventi.
Avete qualcosa da suggerirmi o da commissionarmi? Fatemelo sapere. Altrimenti seguitemi nelle storie di Ig.
Alla prossima newsletter!
XOXO
Tu sei più bella di Carrie!