#44: Visionaria Donatella
Dalla creatività alla leadership femminile: l'eredità e l'impatto della "nuova" ambasciatrice di Versace
Donatella ha quarantadue anni quando riceve la telefonata che cambia per sempre la sua vita. È una calda mattina di luglio del 1997, e dall’altra parte del telefono una voce straziata le comunica che l’adorato fratello Gianni è morto, colpito da due proiettili sui gradini della villa di Miami.
Al News Café su Ocean Drive, dove ogni giorno Gianni si recava per comprare il giornale, non lo vedranno mai più arrivare. La sua vita si spezza per la follia dell’assassino Andrew Phillip Cunanan, che nove giorni dopo si toglierà la vita con la stessa arma.
La notizia corre veloce in tutto il mondo, e in pochi giorni l’Italia si prepara a dare l’ultimo saluto a uno degli stilisti più influenti del settore moda. A occuparsi della stampa e dell’organizzazione della cerimonia al Duomo di Milano è Barbara Vitti, che in passato aveva affiancato altre grandi figure come Armani, Valentino e Ferré.
Oltre cinquemila persone si radunano per rendere omaggio a Gianni Versace: non solo addetti ai lavori e celebrità del momento, ma anche gente meravigliosamente comune.
Gianni sapeva conquistare chiunque. Il suo sfrontato coraggio nello sperimentare e provocare lo aveva reso caro anche a chi con la moda non aveva nulla a che fare. Tutti, chi più chi meno, si sentivano orfani di quel sogno stroncato troppo presto.
La moda non aveva mai attraversato un trauma tanto profondo
Il suo più grande rivale—di stile, naturalmente—Giorgio Armani dichiara:
Da oggi non ho più rivali, non ho più stimoli. Gianni era il mio contraltare, il mio alter ego.
Ma tra i tanti feriti e scossi, sono senza dubbio Santo e Donatella a portare le cicatrici più profonde.
“Ho passato anni in stato di shock, senza farmene una ragione. Il nostro rapporto era complice, io ero la sua ombra, vivevamo insieme sul lavoro e nel privato. Ricordo ancora di quando organizzava queste grandi feste e poi all’improvviso andava via, dicendomi “fai tu, io vado a letto”
Per Donatella, il dolore personale si mescola immediatamente alla responsabilità professionale: assume la direzione creativa della maison, guidandola in una fase di transizione cruciale.
Alla fine degli anni Novanta, infatti, il sistema moda sta cambiando pelle: le maison si quotano in Borsa e i grandi marchi vengono progressivamente assorbiti dalle holding internazionali del lusso.
Per Santo, che aveva sempre seguito la parte amministrativa e commerciale dell’azienda, il colpo è altrettanto duro. Senza il carisma visionario del fratello, tenere salde le redini economiche diventa una sfida emotiva prima ancora che gestionale. I due fratelli, uniti dal lutto e dalla volontà di preservare l’eredità di Gianni, si trovano a traghettare la maison Versace in un’epoca nuova, tra pressioni del mercato e la necessità di restare fedeli a una visione diventata leggenda.
Donatella cerca di raccogliere le forze per affrontare un futuro a cui non aveva mai pensato. Fin da bambina aveva condiviso con i fratelli il sogno di una vita nella moda, un sogno nato tra le mura della boutique di mamma Francesca, all’ombra del Duomo di Reggio Calabria.
In particolare, Donatella aveva un legame speciale con Gianni, un’affinità elettiva che li rendeva inseparabili. Lei era l’unica a poter dire di no a Gianni, e lui l’unico a darle consigli di stile. Quando le suggerisce di tingersi i capelli biondo platino, come la sua icona preferita Patty Pravo, Donatella non esita un attimo. E aggiunge minigonna e stivali di pelle, incarnando l’immagine di una giovinezza audace e sfrontata.
Il testimone
Prendere le redini di qualcosa non è mai semplice, ma farlo quando si è sempre stati al fianco di chi lascia, rende il cammino meno arduo. Forse è proprio questo che ha fatto sembrare il percorso di Donatella Versace così lineare, senza battute d’arresto, come se la transizione fosse stata naturale e inevitabile.
Agli inizi, sono stata insicura, mi sentivo gli occhi del mondo addosso, sentivo nell'aria della diffidenza: ero lì, a fare il direttore creativo, non certo perché qualcuno mi aveva promossa, ma perché dovevo sostituire lui.
Donatella è riuscita nell’impresa titanica di consolidare un brand di lusso per ben ventotto anni, restando sempre fedele a sé stessa e alla sua storia familiare.
L’infanzia trascorsa per le strade di Reggio Calabria, i pomeriggi tra stoffe e bottoni, i bozzetti di Gianni sui quaderni di scuola, la fascinazione per il cinema e le sue dive, l’amore per la sperimentazione tessile e il coraggio di proporre collezioni audaci: tutti questi elementi hanno contribuito a plasmare la sua visione unica della moda.
In ogni collezione dal 1998 in poi, Donatella ha cercato di rendere omaggio a quel tassello mancante del puzzle che sembrava perfetto prima che la follia di uno psicopatico lo distruggesse. Ogni abito, ogni accessorio sembra voglia gridare: “Gianni, ci sei tu in tutto questo”.
D’altronde, è proprio lui, ancora giovanissimo, a suggerire alla madre quali stilisti includere nella sua boutique, poi a trasferirsi a Milano per curare le collezioni di Florentine Flowers, Callaghan, Genny e Complice. È sempre lui ad aprire il primo negozio Versace nel 1978, con l’aiuto della visionaria Giovina Moretti, proprietaria del più importante multi-brand di Milano.
Ma soprattutto, è lui a delineare un’estetica ben precisa che poggia sulla filosofia dell’apparire e dell’ottenere. Negli anni Ottanta, un periodo in cui la cultura visiva è accecante e rumorosa, la donna Versace è orgogliosamente erotica e seducente, ma anche potente e cannibale. L’uomo prova quasi timore di fronte alla sua minacciosa avvenenza, indebolito dalla sua presenza sicura e audace. Ecco perché il simbolo della Medusa è perfetto per questa maison: una figura capace di incantare e distruggere allo stesso tempo.
Versace non ha la pretesa di far aderire la donna a convenzioni di “buon gusto”, ma piuttosto la invita a essere sicura di sé e della propria fisicità, esaltando l’individualità e il potere di chi osa.
A tal proposito, Anna Wintour descrive la donna Versace come l’amante, rispetto alla moglie di Giorgio Armani.
L’ambasciatrice perfetta
La donna potente, sovrumana e libera dagli stereotipi, scoperta attraverso le audaci sperimentazioni tessili di Gianni Versace, risponde a una figura ben precisa, che, ieri come oggi, è stata incarnata perfettamente da Donatella.
Per Gianni non è stata solo una sorella, ma anche una madre premurosa, una moglie presente e una collaboratrice fidata. Lei è stata, fin dall’inizio, la vera musa della maison.
Quale miglior ambasciatrice, dunque?
E qui, si passa alle notizie odierne, quelle che sanciscono il passaggio di Donatella da direttrice creativa a vera e propria ambasciatrice del brand. Un passaggio che arriva in un momento cruciale, con il marchio Versace sempre più vicino al Gruppo Prada, segnando una nuova fase per la maison, tra innovazione e consolidamento.
Se da un lato l’alleanza tra Versace e Prada—due donne brillanti, simbolo di potere e creatività italiani—stuzzica le menti dei più romantici, dall’altro segna la fine di un’era. Donatella ha sempre incarnato l’anima del brand, forse più di quanto avrebbe potuto fare Gianni se fosse ancora tra noi. Ma lei, che senza note scritte è sempre stata la vera ambasciatrice della maison, meritava e merita ben più di quanto le sia stato tributato, soprattutto ora che la notizia della sua transizione è stata ufficialmente annunciata.
Se c’è una grande nota dolente è che…