#13: La polvere sotto il tappeto del Met
Come un biglietto singolo che costava 50 dollari ora ne costa 75 mila e perché c'entriamo (anche) noi.
Per guadagnarsi un posto tra i circa 450 invitati al Met Gala devi essere qualcuno. Non basta essere una modella, ma la modella di punta che sfila a Milano, New York, Londra e Parigi. Non basta essere un bravo attore, ma l’attore di un film di grande successo. Non basta essere un personaggio ricco, ma filantropo con uno scopo ben definito.
Solo così si potrà catturare l’attenzione di Anna Wintour, consapevoli comunque che per essere ammessi, molti altri requisiti dovranno essere soddisfatti, il primo dei quali è la simpatia. Può sembrare strano, ma il Super Bowl della moda, conosciuto e atteso in tutto il mondo, è mosso dai fili di un sentimento soggettivo che diventa giudice supremo del dentro e fuori.
Non funzionava così quando, nel 1948, Eleanor Lambert decise di organizzare una serata speciale dedicata all’alta società newyorchese per raccogliere fondi, con un prezzo di entrata di cinquanta dollari. Ciò che contava all’epoca era l’inclusione nel tessuto sociale della Manhattan bene. Ma quando, nel 1972, la direttrice di Vogue Diana Vreeland prese in mano le redini dell’organizzazione, iniziò una vera e propria rivoluzione sociale e culturale, che ha gettato le basi per plasmare il Met Gala così come lo conosciamo oggi.
Vreeland, infatti, fu la prima a percepire l’importanza di invitare attori, cantanti e personaggi di spicco, capaci di catturare l’attenzione dei media e del grande pubblico, aumentando così il prestigio della serata. Non bastava più invitare solo facoltosi americani del jet-set; era necessario coinvolgere figure celebri con spiccate doti artistiche, in grado di conquistare tutti. L’imposizione di un dress code in linea con il tema della mostra del momento aggiungeva poi un tocco di curiosità, coinvolgendo direttamente i più rinomati brand di lusso e sancendo così l’alleanza vincente tra celebrità e moda.
Quando nel 1995 Anna Wintour venne nominata presidente, le dimensioni dell’evento iniziarono a crescere progressivamente, conquistando sempre più spazio su giornali, telegiornali e radio. Ma è con l’avvento di Internet e dei social media che le proporzioni si sono ingigantite, fino a far percepire la serata del primo lunedì di maggio come un evento ancor più importante della mostra stessa ospitata all’interno del Met Museum nella sezione del Costume Institute.
Perché Serata Met Gala >>> Mostra Met Gala
Si parla di offuscamento della mostra da pochi anni, da quando si è sviluppata una vera e propria ossessione nei confronti del sistema che muove il Gala. Articolato su migliaia di aspetti sociali e culturali, coinvolge TUTTI, anche coloro che pensano di rimanerne fuori. Ormai tutti sanno cosa sia, tutti leggono titoloni e articoli, tutti guardano video e immagini, tutti ascoltano recensioni e spiegazioni. Visto l’interesse globale che unisce chi ha studiato il costume a chi non ne ha la minima idea, Wintour e il suo entourage hanno capito che dando al pubblico ciò che vuole, il successo è garantito. E così è: il Met Gala è considerato l’evento più atteso dell’anno, non solo perché ci intrattiene con creazioni e personaggi unici, ma perché ci invita a far parte di esso.
Ci sentiamo coinvolti nel sistema, partecipando al gioco più eccelso della nostra società: il giudizio. Troviamo compimento nel commentare look, trucchi e styling, poi il fit degli abiti, l’attinenza con il tema e il messaggio veicolato.
In poche parole, partecipiamo ATTIVAMENTE. Siamo animati dall’entusiasmo e dal desiderio di esserci, di dichiararci, di dialogare. Ma cosa succede se, invece, entriamo al Costume Institute per assistere alla mostra “Sleeping Beauties: Reawakening Fashion”? Agiamo PASSIVAMENTE. Leggiamo le descrizioni, investiamo i cinque sensi silenziosamente e osserviamo gli abiti esposti, che sono ormai reliquie inanimate. Se l’abito sul corpo diventa vivo, pieno di significato, portavoce di chi lo crea e di chi lo indossa, quando viene adagiato nella teca o sul manichino, invece, diventa decadente, smaterializzato nella memoria di un tempo passato.
Finito il Met Gala, i media americani si sono chiesti perché negli ultimi anni la serata d’oro attiri sempre più persone in quattro ore di quante ne attiri la mostra in quattro mesi. Oltre a una prima motivazione semplice e lampante, come quella appena descritta, si può certamente aggiungere una spiegazione di tipo culturale. Il curatore del museo, Andrew Bolton, che lavora con Wintour ormai da anni, ha sempre organizzato mostre sensazionali che hanno registrato record di visitatori, cambiando la percezione del museo di moda per sempre. La prima mostra indimenticabile fu “Alexander McQueen: Savage Beauty” del 2011: un successo inaspettato tanto da diventare la mostra più visitata nella storia del Met. I visitatori si presentarono il primo giorno di apertura all’alba e la fila per entrare in poche ore aveva quadruplicato l’isolato. Lo stilista era morto in tragiche circostanze qualche mese prima, quindi sembrava un tributo sentito e commosso a cui non si poteva mancare. Successivamente, altre mostre attirarono centinaia di migliaia di persone, come “China: Through the Looking Glass” del 2015 e “Manus x Machina: Fashion in the Age of Technology” del 2016. Tuttavia, se consideriamo le mostre degli ultimi anni, si nota un riscontro discendente.
Nel 2023 la mostra era dedicata a “Karl Lagerfeld: A line of Beauty”, ma scegliere come soggetto principale un uomo controverso, noto per le sue esternazioni grassofobiche, è stato l’ennesimo passo sconsiderato di Wintour e Bolton. Nel 2022, il tema era invece “Gilded Glamour”, inteso come l’età dorata americana del periodo compreso tra il 1870 e il 1890. Se gli abiti parevano sensazionali durante la sfilata del Met Gala, quelli esposti al Museo hanno attirato attenzione di pochi visitatori, come ad esempio gli appassionati di costume o del periodo americano. Tuttavia, sarebbe opportuno trovare un tema di più ampio interesse che possa coinvolgere un numero maggiore di visitatori.
Triste a dirsi, ma sembra che nemmeno una collezione di 33 mila abiti maestosamente realizzati con eccelsi materiali e nobili sentimenti sia sufficiente a suscitare lo stesso spirito di curiosità e partecipazione che invece suscita una parata di macchiette adornate a festa tremendamente divertenti e facilmente giudicabili.
Mentre noi cerchiamo informazioni circa il cibo che viene scelto per il menu, il pre-party al The Mark Hotel o gli after-parties in cui entri anche se non sei nessuno ma devi conoscere qualcuno, tutti guadagnano: le celebrities con entourage annessi, i brand di lusso che le vestono o che sponsorizzano l’evento pagando un tavolo dai 350 ai 500 mila dollari, e il Costume Institute per cui vengono raccolti i fondi. Lo scorso anno sono stati raccolti circa 22 milioni di dollari, mentre quest’anno si parla di una cifra che supera i 26: un record mai registrato prima che racconta molto sui futuri risvolti (considerate che dieci anni fa, nel 2014, la cifra raccolta era stata meno della metà).
I costi sempre più elevati contribuiscono a coltivare e preservare la solennità dell’arte e della moda in questo caso, ma fino a che punto si spingeranno? Ci si potrebbe domandare se tra un decennio si parlerà di miliardi. Wintour ha dimostrato di essere disposta ad accettare qualsiasi cosa, persino la sponsorizzazione dell’evento da parte della piattaforma cinese come Tik Tok, che negli Stati Uniti non gode di grande favore. Proprio qualche giorno prima del Met Gala 2024, era stato approvato il provvedimento che vieta per sempre l’uso del social. È vero che non avrebbe potuto cambiare sponsor qualche giorno prima, direte voi, ma questa controversia tra America e Cina, che tocca tasti ben più delicati di un semplice “social” è oggetto di discussione da almeno un anno.
Wintour ha comunque deciso di cavalcare l’onda e oltre a TT ha coinvolto partner di primo piano come Loewe, di proprietà dell’uomo più ricco del mondo nonché fondatore di LVMH, il più importante conglomerato del lusso al mondo. Non sorprende, quindi, che sedici invitati abbiano indossato esclusivamente il brand spagnolo, che sta guadagnando consensi per il suo stile accattivante e anti-convenzionale. Bernard Arnault, dopo la sponsorizzazione storica alle Olimpiadi di Parigi 2024, non poteva certo esimersi dal siglare l’evento dell’anno, specialmente considerando la sua stretta amicizia con Anna Wintour dagli anni Ottanta. Insieme, hanno creato questo sistema tentacolare che avvolge a stretto giro maison, vip, stilisti, musei di arte e moda, creatori digitali, città globali, media universali e, ovviamente, noi comuni mortali.
Come si nota sopra, il prezzo del singolo biglietto aumenta ogni anno di più: nel 2022 costava 30 mila dollari, nel 2023 costava 50 e quest’anno 75. Segno che la direttrice di Vogue US, fondatrice del sistema delle fashion celebrities, riesce ad affrontare ogni controversia con grande maestria, dai temi scelti all’insensibilità per chi lavora con lei e non viene pagato, riuscendo a far prevalere la desiderabilità di voler partecipare ad ogni costo. In fondo, a tutti piace ESSERCI, che sia come protagonista o come spettatore: questo desiderio pervade chi partecipa e chi osserva da fuori, creando una realtà distopica da cui sembra nessuno voglia liberarsi.
Proprio J. G. Ballard, che ha ispirato il tema del Met Gala con una storia scritta nel 1962, aveva previsto in un saggio per Vogue del 1970 che la moda avrebbe potuto diventare una sorta di “religione privata”, influenzando profondamente la nostra percezione della realtà e dei rapporti sociali.
Ogni nostra azione durante la giornata
nell’interno spettro della vita domestica,
verrà istantaneamente registrata su videoccasetta.
La sera ci siederemo per scagionare i filmati,
individuare solo i nostri profili migliori, i nostri dialoghi più spiritosi,
le nostre espressioni più toccanti filmate attraverso i filtri più gentili,
e poi unirli insieme in una revocazione
intensificata della giornata.
Il telefono, quel potente mezzo che accelera la condivisone e consente a Vogue e al Met Gala di nascondere la polvere sotto il tappeto, beige e verde quest’anno, ignora molte forze che plasmano il nostro mondo oggi: proteste contro la guerra, disuguaglianza di reddito e i modi in cui l’intelligenza artificiale potrebbe esacerbare i disordini sociali, solo per citarne alcuni. Poiché i media sono guidati da algoritmi supportati dagli inserzionisti, ci sarà sempre un mondo che ignora le realtà scomode, come le proteste e i sindacati. Ma, come nella storia di Ballard, la folla sta avanzando. E come per gli abiti in mostra, il Met Gala sembra essere in decomposizione, preservata solo attraverso attente manovre che probabilmente hanno una data di scadenza.
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